
Galileo Galilei (1564-1642) è stato il primo scienziato in termini moderni, intendendo la scienza come osservazione e sperimentazione, e osservando la natura seguendo il metodo scientifico. Va considerato anche il primo moderno astronomo visto che è stato uno dei primi ad utilizzare il telescopio per effettuare reali osservazioni dei corpi celesti. Ha seguito la tradizione archimedea nell’utilizzare modelli matematici e sperimentazioni più che riflessioni e congetture teoriche.
Fu anche un prolifico autore che iniziò a scrivere in italiano, piuttosto che in latino che all’epoca rappresentava la lingua accademica, per diffondere quanto più possibile la scienza. Oggi si chiamerebbe un divulgatore scientifico, diciamo un “Carl Sagan” o un “Piero Angela” ante litteram. Con le sue osservazioni Galileo fornì le prove scientifiche per sostenere le posizioni di Copernico sulla centralità del sole nel nostro sistema planetario. Spesso sosteneva che egli si reggesse sulle spalle di chi lo avesse preceduto. In effetti, da questo punto di vista, Galileo fece da ponte fra i sostenitori della rivoluzione copernicana e le posizioni espresse poi successivamente da Isaac Newton, uno dei giganti della scienza e “padre” della legge di gravità.
Perché in effetti è proprio questa la scienza se non un percorso, in continuo movimento, verso la conoscenza della natura e delle leggi che la determinano. Un incessante fluire di prove a controprove che non rappresentano un monolite ma soltanto una base di conoscenza da mettere continuamente in discussione ogni qualvolta che ci si trovi di fronte a nuove evidenze e nuove informazioni. Perché alla fine l’obiettivo della scienza è molto semplice: quello di comprendere il “mondo” così come è. Non tutti i possibili modi in cui potrebbe essere, né un particolar modo in cui dovrebbe essere. Solo così come è!
Il metodo scientifico
Non c’è scienza senza prova. Probabilmente questa rappresenta l’unica verità indissolubile della scienza che nessuno può confutare. Sin dai tempi degli antichi greci il metodo per stabilire la conoscenza, ancora oggi in vigore nella ricerca accademica, è il metodo scientifico.
Questo metodo si compone di diverse fasi.
- La prima fase consiste nel ricercare i dati e raccogliere le evidenze (prove scientifiche). Affermazioni senza evidenze sono chiamate speculazioni o, in ambito individuale, opinioni personali e non hanno nessun valore o rango scientifico.
- La seconda fase implica l’analisi dei dati raccolti che spesso si enuclea nel riconoscere dei processi e/o modelli di comportamento.
- La terza fase porta a sviluppare una spiegazione derivante dall’analisi dei dati. Questa spiegazione è chiamata ipotesi, spesso anche “ipotesi di lavoro” per enfatizzare il fatto che possa rappresentare solo un tentativo di ipotesi. Ad ogni modo, un aspetto essenziale delle ipotesi scientifiche è che esse devono essere testabili.
- Infatti, la quarta fase del metodo scientifico conduce a una valutazione critica delle ipotesi attraverso la sperimentazione.

Ovviamente queste quattro fasi rappresentano solo una semplificazione del modo di operare attraverso il metodo scientifico. Un’ipotesi che supera i test di sperimentazione assurge poi al rango di teoria. Nessuna teoria può garantire la verità al 100% se non altro perché, come già detto, rappresenta solo una base di conoscenza soggetta a ulteriori revisioni in vista di nuove e ulteriori evidenze. Consente però di tracciare conclusioni con un grado di affidabilità molto più alto di quello che si otterrebbe con altri sistemi di conoscenza e/o credenza.
Il metodo scientifico ovviamente non è perfetto, ci sono casi di frodi o interessi di parte o pressioni e condizionamenti di tipo politco ed economico. Allo stesso modo, la scienza non è ancora in grado di dare una spiegazione su tutto ciò che osserviamo o sperimentiamo nella realtà o supposta tale. Ma sin dall’antichità il metodo scientifico è stato il sistema che, senza uguali e in maniera rigorosa, ha svelato la natura del mondo che ci circonda e la nostra stessa esistenza.
Il telescopio di Galileo
Galileo non inventò il telescopio. Un secolo prima della sua nascita, astronomi islamici avevano già costruito il primo modello di telescopio. Fu un ottico olandese, Hans Lippershey, che nel 1609 costruì e diffuse in Europa il primo telescopio rifrangente. Questo telescopio aveva un fattore 3 di ingrandimento. Galileo utilizzò questo telescopio e in solo anno di lavoro fu in grado di migliorarlo portando il fattore di ingrandimento a 30. Paragonato agli strumenti di oggi, il fattore di ingrandimento utilizzato da Galileo è inferiore a quello di un comune binocolo. Tuttavia, il suo utilizzo cambiò per sempre il modo di guardare il cielo stellato. E’ dall’utilizzo del telescopio di Galileo che possiamo dire che è nata la moderna astronomia.
Le osservazioni astrali
Egli, per esempio, osservò che la luna avesse montagne e vallate e non fosse una sfera perfetta, come si sosteneva nell’astronomia aristotelica, bensì un corpo geologico al pari della terra. Scoprì i quattro satelliti (le quattro lune) di Giove che poi in seguito furono chiamati Io, Europa, Ganimede e Callisto. Attraverso le osservazioni del sole individuò le macchie solari e la rotazione dello stesso astro ogni quattro settimane. Osservazioni che poi lo porteranno alla cecità negli ultimi anni di vita.

Infine, scoprì le fasi di Venere, al pari di quelle della luna. Nel sistema tolemaico Venere era situata sempre tra la terra e il sole ed essa mostrava solo la fase crescente. Galileo dimostrò invece come Venere avesse anche una fase piena quando si situava di fronte al sole al pari della terra. Osservazioni queste che confermavano il sistema eliocentrico e il modello copernicano a scapito di quello tolemaico e aristotelico (geocentrico).

La commercialità dell’utilizzo
Come “divulgatore scientifico” ante litteram, Galileo fu anche scaltro nel rendere credibile e quindi diffuso l’uso del telescopio.
Ad esempio, dimostrò al doge di Venezia (all’epoca si trovava nella Repubblica Veneta) che attraverso l’uso del telescopio si potevano scrutare all’orizzonte le navi che rientravano dalle Americhe con il loro carico di spezie.

In questo modo si potevano individuare le bandiere delle navi in arrivo e confrontarle con il registro della flotta che aveva intrapreso il viaggio mercantile all’andata. L’assenza di alcune bandiere significava che le navi con quelle specifiche bandiere erano affondate durante il tragitto.
Poiché ad ogni bandiera corrispondeva un carico di una determinata merce, conoscere in anticipo questa informazione permetteva ai mercanti, per esempio, di fare incetta nel mercato locale della merce che loro sapevano che non sarebbe mai arrivata. Questo avrebbe portato di lì a poco a un aumento del prezzo di quella merce con un vantaggio quindi per quei mercanti che anticipatamente avevano aumentato le loro scorte a un prezzo inferiore. Un meccanismo questo paragonabile oggi al mercato azionario dei future.
Il metodo scientifico di Galileo alla prova della storia
Probabilmente l’aneddoto che Galileo lasciò cadere due sfere di massa diversa dalla Torre di Pisa per dimostrare che il loro tempo di caduta fosse indipendente dalla massa non corrisponde al vero, o meglio fu scritto da uno suo studente dopo la sua morte.

Il concetto di moto uniforme
Aristotele aveva sostenuto la quiete come stato naturale di ogni oggetto e che oggetti pesanti cadessero più velocemente degli oggetti più leggeri. Galileo confutò questo principio attraverso il concetto di moto uniforme. Egli teorizzò che la frizione su una superficie o la resistenza dell’aria influenzavano la caduta di un oggetto. Pertanto, se questi effetti fossero stati minimizzati, una sfera scivolando su una superficie piana sarebbe continuato a scivolare costantemente. Ne derivava che il moto uniforme fosse uno stato naturale al pari della quiete. Inoltre, oggetti di qualsiasi materiale lasciati cadere verso la terra sarebbero caduti allo stesso modo. In altre parole, l’accelerazione, cioè il cambio della velocità di caduta, non dipendeva dal peso o dalla composizione dell’oggetto.
Il concetto di inerzia
Galileo elaborò anche il concetto di inerzia, ossia la resistenza che ogni oggetto esercita a ogni cambiamento del suo moto. Per elaborare questo principio, si servì di una nave in movimento. Una sfera lasciata cadere dall’albero maestro non cadrà dietro l’albero bensì ai piedi dell’albero perché continuerà con lo stesso moto della nave. Seguendo questa linea, Galileo suppose che se anche l’atmosfera segue il moto della terra, allora chiunque sulla terra non dovrebbe percepirne il movimento in quanto si muove alla stessa velocità della terra. Ed aveva ragione, ovviamente. Pensiamo oggi quando siamo in volo, dopo che l’aereo ha preso quota, possiamo camminare nel corridoio della cabina avanti e indietro non percependo la velocità dell’aereo.
Furono queste elaborazioni a convincere Galileo che la terra ruotasse intorno al sole e non viceversa, e insieme alle sue osservazioni con il telescopio confermarono il suo convinto sostegno alla rivoluzione copernicana.
L’accusa di eresia
Per queste sue convinzioni fu accusato di eresia e processato dalla Santa Inquisizione di Roma con un processo che iniziò nel 1633 e nel corso del quale fu costretto ad abiurare le sue posizioni per evitare la fine che 33 anni prima era capitata a Giordano Bruno condannato per eresia e arso vivo. Alla fine, fu condannato agli arresti domiciliari a vita e confinato in una villa nei pressi di Firenze dove trascorse gli ultimi undici anni della sua vita. Il suo libro principale “Dialogo intorno ai due massimi sistemi del mondo”, oggetto della disputa, fu bandito e definito libro proibito. Ma come Galileo aveva sperato il suo capolavoro venne diffuso in mezz’Europa e alla fine, anche se solo nel 1757, la Chiesa lo rimosse dall’indice dei libri proibiti.
La riabilitazione da parte delle scienza e della storia
La scienza fa il suo corso che è complesso, dispendioso e duraturo nel tempo. Il metodo scientifico richiede continue prove e controprove replicabili dalla comunità scientifica per avvalorare e corroborare la veridicità di ipotesi e teorie. Nel 1971 Galileo ebbe la dimostrazione pratica della validità della sua teorizzazione sul moto uniforme. L’astronauta statunitense David Scott della spedizione spaziale Apollo 15 sperimentò sulla superficie lunare come due corpi di massa diverse cadessero alla stessa velocità. Lasciò cadere dalle sue mani una piuma e un martello e i due oggetti caddero sul suolo simultaneamente.
Quattrocento anni dopo è stato dimostrato che Galileo avesse ragione: sotto la flebile influenza della forza di gravità lunare, due oggetti di massa diverse cadono alla stessa velocità ed è solo la resistenza dell’aria che rende un corpo più pesante dell’altro.
Da parte della Chiesa la riabilitazione avvenne a partire dal 1983 quando papa Giovanni Paolo II riaprì il caso che portò poi alla formale assoluzione dello scienziato italiano nel 1992. La Chiesa proclamò di aver avuto torto nell’aver condannato Galileo e riconobbe alla scienza la legittima aspirazione alla ricerca della conoscenza derivante dal suo specifico modo di operare.
L’insegnamento che possiamo trarre
L’insegnamento che possiamo apprendere dalla vicenda di Galileo non è tanto il contrasto tra scienza e religione quanto come un sistema ideologico possa contrastare il progresso della conoscenza umana. Come dimostra la storia umana, nel passato, di recente e contemporanea, in qualsiasi campo è molto facile silenziare la voce di persone che esprimono posizioni fuori dal coro, dal mainstream. La storia però dimostra che quelle che possono apparire all’origine idee impopolari si rivelano vere come nel caso di Galileo. La scienza non richiede un atto di fede. Un fatto scientifico resta tale se comprovato da evidenze sufficienti a prescindere che uno ci voglia credere o meno.
Galileoscope e l’iniziazione all’astronomia
Anno internazionale dell’astronomia
Il 2009 fu proclamato l’anno internazionale dell’astronomia. La scelta dell’anno non fu casuale ma coincidente con il quattrocentesimo anniversario delle prime osservazioni astronomiche fatte da Galileo nel 1609.
Dobbiamo essere orgogliosi di poter annoverare un connazionale tra i giganti della scienza. Non a caso la richiesta della proclamazione fu avanzata dal Governo italiano all’ONU. “L’universo, a te scoprirlo” fu l’invito che 135 paesi rivolsero al loro pubblico proponendo occasioni e iniziative volte ad avvicinare l’interesse per il cosmo e i temi astronomici.
Per l’occasione si produsse un telescopio che rispecchiasse le stesse caratteristiche del primo telescopio utilizzato da Galileo, chiamato per l’appunto “Galileoscope”. Non è facile trovarne esemplari ancora in commercio a distanza di ormai tanti anni. Io fortunatemente ci sono riuscito.

Un’idea per i regali di Natale
Siamo in prossimità delle vacanze natalizie, è periodo di trascorrere tempo in famiglia, di fare e ricevere regali. Di parlare, di sorridere e di riflettere. È perché no anche di guardare più in alto, verso le stelle. Dopotutto sono gli stessi re magi nella tradizione cristiana che ci rammentano che a volte basta guardare il cielo stellato per trovare la rotta della nostra vita.
E allora perché non invogliamo anche i nostri figli a scrutare lo spazio, iniziandoli alla pratica astronomica. Basta regalargli un piccolo telescopio, così tanto per iniziare. E se non avete figli, fatelo voi stessi. Perché il cielo è patrimonio di tutti ed è alla portata di tutti, nessuno escluso. E, come ci insegna Galileo, è solo con la osservazione pratica di ciò che veramente vediamo possiamo sviluppare un pensiero più critico e acquisire una visione più ampia della nostra esistenza, rifuggendo tutte quelle posizioni, molte delle quali dominanti, che in contrasto con il metodo scientifico ci impongono, o tentano di farlo, una dimensione ideologica e ideologizzata della nostra vita e del nostro ruolo nel mondo.